Le sfide etico-legali poste dall’intelligenza artificiale

Pur riconoscendo la crescente presenza dell’IA nel nostro presente – o, forse, proprio per averne preso contezza –, si sente viva l’esigenza di mettere in atto una valutazione a tutto campo che riduca le zone d’ombra della legge e crei gli estremi per una tutela sicura e affidabile. Avverrà nell’immediato e in modo semplice? Improbabile.

D’altro canto, le rivoluzioni e i cambiamenti iniziano sempre con difficoltà come si conviene per qualsiasi racconto che si rispetti.

di Riadi Piacentini

Le sfide etico-legali poste dall’intelligenza artificiale

Il settore dell’intelligenza artificiale, nel nostro Paese, ha un valore di circa 380 milioni di euro, il 27% in più rispetto al 2020. È quanto emerge dalle rilevazioni dell’osservatorio del Politecnico di Milano. I dati in se stessi bastano a dimostrare il valore crescente assunto dall’AI non soltanto a livello economico, ma a un livello più esteso e capillare. Più passa il tempo più la presenza delle macchine diventa massiccia nel quotidiano delle imprese e delle PA. 

Questo ha necessariamente delle ripercussioni sotto il profilo etico e legale: è necessario determinare un perimetro normativo entro il quale stabilire se, come e quando l’intelligenza artificiale trova spazio di manovra. Il tutto con l’obiettivo di evitare violazioni dei diritti e una conseguente impossibilità di sanzionamento, ma anche per ridurre la sfocatura delle zone dove ancora insiste una forte incertezza da parte del legislatore e del giudice.

Intelligenza artificiale cos’è: una panoramica 

Un ragazzo che indossa un visore, sviluppato mediante l'uso dell'intelligenza artificialeQuando si parla di intelligenza artificiale, tutti sembrano avere una pur vaga idea di cosa si tratti, ma pochi hanno davvero contezza dell’argomento. C’è chi ha sentito qualcosa a riguardo senza saperne dare una definizione a parole, c’è chi ha già avuto a che fare con la materia e chi non ne sa assolutamente nulla. In Italia, in particolare, sempre stando alle stime dell’osservatorio del Politecnico di Milano:

“il 95% dei consumatori italiani ha già sentito parlare di AI, anche se solo il 60% ha realmente capacità di riconoscere funzioni di AI nei prodotti/servizi che utilizza”

Questo significa che solo 6 persone su 10 sanno effettivamente parlarne.

Ma cos’è l’intelligenza artificiale? In linea di massima, si tratta di una branca dell’informatica che studia la creazione di hardware e software in grado di replicare alcune capacità tipiche dell’intelligenza umana, come la capacità di apprendimento e quella di ragionamento. Si creano, così, delle macchine in grado di realizzare determinati compiti in modo autonomo, simulando comportamenti che ricordano quelli di una persona. 

Un risultato simile è raggiunto mediante algoritmi e computazioni, messe al servizio del prossimo attraverso l’operatività delle macchine. L’impiego? Sia a livello aziendale che per uso domestico.

Intelligenza artificiale esempi 

Parole, parole, parole. È forse in questo modo che percepisci le mie spiegazioni, dato che non riesci a dare una forma a questa accozzaglia di nozioni. Del resto, come suggerisce John Hubbard, alla teoria deve sempre accompagnarsi la presenza della “massa” se non si vuole confondere chi sta tentando di apprendere. 

Per quanto riguarda l’IA, sono vari gli esempi che posso fornirti per rendere più chiaro cosa siano queste spaventose macchine con capacità umane:

  • in ambito aziendale, una delle soluzione più famose è la Chatbot, cioè uno strumento che offre un’assistenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7. È nient’altro che una piccola chat automatica che spunta quando hai bisogno di porre una domanda a un’azienda, essendo stata settata per risolvere i problemi più comuni dei clienti;
  • in ambito domestico, un esempio è rappresentato dalla smart home, cioè dall’uso di strumenti direttamente connessi ad alcuni elettrodomestici che ti permettono di attivarli da remoto (ad esempio, tramite un’app puoi preriscaldare il forno o accendere l’impianto di riscaldamento).

Aspetti legali dell’AI: la tutela della persona

Una bambina guarda verso la fotocamera e tiene la mano a un piccolo robot bianco, che porta al collo una collana di fiori rosaPiù si addentra nella nostra vita, più aumenta l’attenzione che il mondo del diritto deve necessariamente rivolgere alla regolamentazione in materia di intelligenza artificiale. La ragione è presto detta: il fatto di aver riportato delle capacità umane nelle macchine (n.d.r. in particolare la capacità di ragionamento) ha delle ricadute sotto il profilo della colpevolezza e della responsabilità. Dunque, va irrimediabilmente a toccare il settore della tutela dei diritti della persona.

L’IA si caratterizza, del resto, per essere una tecnologia caratterizzata da una forte imprevedibilità, complessità e autonomia in ambito decisionale. Questo rischia di impattare tutto ciò che riguarda la ricostruzione del nesso di causalità e l’attribuzione della responsabilità. Se la macchina dotata di AI causasse un danno a una persona, chi sarebbe ritenuto responsabile tra il produttore e l’utilizzatore della macchina stessa? E in che termini e sulla base di quali valutazioni dovrebbe essere fissato un eventuale risarcimento?

A ciò, si aggiungono le difficoltà legate alla tutela della privacy. L’intelligenza artificiale, per sua natura, è portata a scavare sempre più in profondità al fine di replicare i comportamenti attribuibili all’uomo. Tanto comporta l’accesso ai dati sensibili della persona. Va, pertanto, verificato qual è il limite invalicabile da parte dell’IA e rafforzare il processo di anonimizzazione dei dati solo parzialmente controllato e messo in atto fino ad ora.

Aspetti etici dell’AI: la società oltre la legge

Prendiamo come punto di riferimento il processo di industrializzazione. Un prodotto, la cui ricetta sia stata perfezionata, viene prodotto in serie in modo che tutti gli output siano tutti uguali in termini qualitativi – stesso aspetto, stesse proprietà organolettiche. Riportiamo questo ragionamento alle persone e all’attività di analisi che viene portata avanti dall’intelligenza artificiale.

La raccolta di informazioni e il tentativo di replicare determinati comportamenti umani rischia di cadere nella standardizzazione della condotta della persona, talvolta col rischio di avallare gli stereotipi e il senso di stigmatizzazione di alcune fasce di popolazione. Tanto avrebbe come conseguenza l’intensificazione della sensazione di isolamento percepita e l’incremento del divario con altre fasce di popolazione.

Proprio perché i valori non possono essere trattati semplicemente come parti di un algoritmo, il sentire comune valuta altresì la paventata possibilità che la tendenza a fare un indiscriminato affidamento all’AI si trasformi in un primo passo verso la disumanizzazione dei rapporti.

Proprio per questo motivo, ad esempio, suscita non poche perplessità il ventilato interesse a far entrare l’intelligenza artificiale nei sistemi sanitari per facilitare una gestione del rapporto con il paziente. È stato fatto notare, contrariamente a quanto sostenuto, che basti assumere un punto di vista differente per ribaltare le carte in tavole. In particolare, invece che ragionare in termini di efficienza, si dovrebbe parlare di inaridimento. L’assenza del contatto diretto (anche soltanto verbale) medico-paziente è un fattore che porterebbe a isterilire il processo diagnostico e che finirebbe per creare ulteriori complicazioni sotto il profilo legale in caso di errori.

 

Insomma, pur riconoscendo la crescente presenza dell’IA nel nostro presente – o, forse, proprio per averne preso contezza –, si sente viva l’esigenza di mettere in atto una valutazione a tutto campo che riduca le zone d’ombra della legge e crei gli estremi per una tutela sicura e affidabile. Avverrà nell’immediato e in modo semplice? Improbabile.

D’altro canto, le rivoluzioni e i cambiamenti iniziano sempre con difficoltà come si conviene per qualsiasi racconto che si rispetti.